RPG
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La magia dell’interpretazione
Il genere RPG, acronimo di Role-Playing Game (localizzato anche in italiano con GDR ossia Gioco di Ruolo), si basa sul consentire ai giocatori di vestire i panni di un personaggio e svilupparne abilità, personalità e relazioni nel corso dell’avventura. È un genere che fa leva sulla narrazione, sulla costruzione del mondo e sulla possibilità di influenzare la storia tramite scelte e azioni, creando un senso di progressione personale.
Caratteristiche come la gestione dell’inventario, la personalizzazione dell’equipaggiamento e l’evoluzione delle statistiche del personaggio sono elementi fondamentali, poiché permettono di plasmare l’esperienza di gioco in modo unico per ogni giocatore. Un altro aspetto cruciale è la libertà di esplorazione: gli RPG possono spaziare da mondi lineari a veri e propri universi aperti, offrendo missioni principali e secondarie che arricchiscono la trama e la conoscenza del mondo di gioco.
I combattimenti sono tipicamente a turni, in sistemi che premiano principalmente la strategia, ma è anche possibile vedere RPG con combattimenti in tempo reale, avvicinandosi all’action. Tuttavia i titoli di questo tipo non hanno una tale componente troppo sviluppata, in quel caso ricadrebbero nell’Action-RPG. L’obiettivo però non è solo combattere i nemici, ma anche intraprendere un viaggio narrativo che riveli retroscena, culture e persino dilemmi etici o morali, dando al giocatore la sensazione di essere parte di una storia viva e in continua evoluzione.
La presenza di dialoghi ramificati e sistemi di reputazione aggiunge profondità e coinvolgimento. Ogni decisione può influire sulle relazioni con i personaggi non giocanti e determinare differenti conclusioni. Questo approccio, incentrato sulla libertà d’azione e sulla costruzione di un alter ego virtuale, rimane uno dei punti cardine che rendono il genere RPG così affascinante e longevo.
Evoluzione storica
Le radici del genere RPG affondano nel gioco di ruolo da tavolo Dungeons & Dragons (1974), che ha ispirato i primi tentativi di trasporre l’esperienza su computer e console. Intorno alla metà degli anni ’70, su mainframes e sistemi come PLATO, nacquero progetti pionieristici, come lo sperimentale dnd (1975) – che offrirono per la prima volta un assaggio di esplorazione sotterranea e gestione di statistiche dei personaggi.
Il genere prende davvero forma nel 1981 con i giochi Ultima (1981) e Wizardry (1981), che gettarono le basi dei classici RPG occidentali, introducendo elementi come la creazione approfondita del personaggio, l’esplorazione in prima persona e un’impronta narrativa più evoluta. In particolare, mentre Wizardry popolarizza la visuale in prima persona e i combattimenti a turni su schermata dedicata, Ultima enfatizza il mondo aperto ed esplorabile, segnando una direzione di sviluppo che avrà grande influenza sui titoli futuri.
Se in Occidente la scena si consolida con dinamiche e titoli basati sull’eredità di Ultima e Wizardry, in Giappone iniziano le prime sperimentazioni sul questo genere, avviati idealmente intorno al 1982 con i titoli della Koei come Underground Exploration (1982) o The Dragon and Princess (1982). In seguito all’arrivo nella terra del Sol Levante di Ultima e Wizardry, l’impronta culturale si fece più marcata sul genere, portando a opere che adattano la formula ai gusti e all’hardware locale: Dragon Quest (1986) edita da Enix e Final Fantasy (1987) di Square prendono le meccaniche di Wizardry/Ultima e le rielaborano attraverso una narrazione più lineare e personaggi di stampo “anime”.
È il periodo in cui si traccia una distinzione tra “JRPG” (Japanese RPG), più focalizzati su trama e personaggi prestabiliti, e “WRPG” (Western RPG), più aperti a impostazioni sandbox e sistemi di creazione libera del protagonista. Questo dualismo, nato anche dalla differenza tra console (più diffuse in Giappone) e PC (più popolari in Occidente), caratterizzerà a lungo il genere e favorirà innovazioni su entrambi i fronti. Ad un livello più ampio, questo dualismo è divenuto una distinzione idealizzata dei Western RPG (Nord America ed Europa) e dei Eastern RPG (Giappone, Cina e Korea).
Nei primi anni ’90, gli RPG conquistarono ulteriormente il mercato, complice anche la diffusione dei personal computer e di console sempre più potenti. A segnare un’epoca furono titoli come Final Fantasy VI (1994), Chrono Trigger (1995) e The Elder Scrolls: Daggerfall (1996).
A metà anni ’90 si afferma l’era del 3D e dei CD-ROM, rivoluzione evidenziata dal successo di Final Fantasy VII (1997), titolo dall’ingente budget che ne fa un fenomeno di massa, aprendo il mercato occidentale ai JRPG su console. Parallelamente, in Occidente si sfornano serie di culto come Baldur’s Gate, Fallout e Planescape: Torment, ampliando il concetto di mondo aperto in 3D e approfondendo il filone narrativo con dialoghi ramificati e personaggi dalle complesse motivazioni.
All’alba degli anni 2000, l’eredità dei grandi classici degli anni ’90 continua a influenzare gli sviluppatori. Se da un lato molti titoli iniziano a introdurre dinamiche più action e sistemi di combattimento in tempo reale, dall’altro cresce un movimento che punta alla tradizione.
Tuttavia con l’avvento delle console di sesta e settima generazione, i gusti del grande pubblico iniziano a privilegiare formule più dinamiche. Molti RPG tradizionali cedono parte della loro identità per strizzare l’occhio all’azione e semplificare menu e statistiche, nella speranza di raggiungere un mercato più ampio. Questo porta a un lieve declino del genere (maggiormente in occidente) in favore di ibridi sempre più vicini all’action.
Solo intorno alla prima metà degli anni 2010 si assiste a un notevole “revival” degli RPG isometrici e a turni su PC, spesso finanziati via crowdfunding: Pillars of Eternity (2015), Torment: Tides of Numenera (2017), Divinity: Original Sin (2014) e Wasteland 2 (2014). Questi titoli dichiarano apertamente di ispirarsi alla tradizione degli anni ’90, con particolare attenzione alla componente narrativa e strategica, ma valorizzando al contempo un’interfaccia moderna. L’obiettivo di questi progetti è offrire una densità di scelte, un party altamente personalizzabile e un mondo vivo da esplorare, senza sconfinare nell’action.
Allo stesso tempo, nel panorama giapponese non mancano uscite in linea con la tradizione pura del JRPG come Dragon Quest XI (2017) o anche la serie degli Shin Megami Tensei, che mantengono la loro anima prettamente ruolistica.
Un genere che vive un nuovo equilibrio
Dopo una prima grande espansione, seguita da momenti di minore risonanza, il genere RPG ha saputo ritrovare il proprio equilibrio coniugando tradizione e slancio innovativo. Le sperimentazioni, spesso basate sulla contaminazione con altri stili e generi, hanno permesso agli RPG di restare rilevanti: il risultato è un panorama in cui convivono giochi a turni di stampo classico, ibridi strategico-avventurosi o addirittura infusi di elementi stealth o sparatutto.
Nel frattempo, i progressi nel campo dell’intelligenza artificiale, della grafica e della narrazione interattiva hanno spinto i titoli moderni a puntare su mondi credibili, scelte morali che influiscono sulla trama, personaggi sfaccettati e un alto livello di personalizzazione. In parallelo, la produzione di RPG più “ortodossi” offre un approccio nostalgico per chi desidera la complessità tattica e le dinamiche di progressione tipiche degli anni d’oro del genere.
Grazie a questi due percorsi che procedono di pari passo — innovazione e fedeltà alle radici — gli RPG si confermano un pilastro dell’industria videoludica, tanto per il pubblico mainstream quanto per gli appassionati più esigenti. Complice anche la community, proveniente anche dal mondo cartaceo, che ha contribuito a creare un humus creativo in cui il genere non smette mai di innovarsi, regalando esperienze sempre sorprendenti. La ricca eredità di idee, unita alla continua ricerca di formule sempre nuove, mantiene vivo l’interesse generale: un equilibrio prezioso, che consente agli RPG di evolversi e, al tempo stesso, di preservare intatti i propri elementi distintivi.